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Ricapitolare le fasi iniziali dello sviluppo embrionale in vitro

Il differenziamento di cellule staminali pluripotenti (PSC) è stato utilizzato con successo per studiare lo sviluppo di tessuti e organi in vitro. Eleonora Conti e Oliver Harschnitz discutono i pro e i contro dell’uso delle PSC umane per studiare lo sviluppo dei placodi – strutture embrionali che danno origine a diversi organi – durante le prime fasi dello sviluppo embrionale nell’uomo.

L’ectoderma è il foglietto embrionale più esterno dell’embrione dei vertebrati durante le prime fasi dello sviluppo. I placodi sono ispessimenti dell’ectoderma coinvolti nella formazione di organi di senso come orecchio, naso, occhio e neuroni sensoriali. I segnali cellulari che innescano lo sviluppo dei placodi, e la loro regolazione, sono stati caratterizzati principalmente in modelli animali, ma rimangono poco studiati nel contesto dello sviluppo embrionale umano, a causa della limitata disponibilità di campioni di tessuto fetale e delle questioni etiche legate a questo tipo di ricerca. La riprogrammazione di cellule somatiche umane adulte in cellule staminali pluripotenti (hPSC) in grado di differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula dell’organismo consente di superare, almeno in parte, tali limitazioni. Il differenziamento delle hPSC in progenitori dei placodi e in tessuti da essi derivanti ha contribuito ad ampliare le nostre conoscenze sullo sviluppo dei placodi, risultando così complementare agli studi fatti in modelli animali. Tuttavia, lo sviluppo dei placodi nell’embrione umano rimane poco conosciuto.

Eleonora Conti e Oliver Harschnitz evidenziano le similitudini tra lo sviluppo dei placodi in vivo ed il loro differenziamento in vitro e forniscono una panoramica su come le hPSC possano facilitare lo studio dello sviluppo dei placodi nell’uomo in condizioni fisiologiche e patologiche. Gli autori discutono le limitazioni tecniche relative all’uso delle hPSC per modellare lo sviluppo placodale umano, per esempio la ridotta diversità cellulare derivante dalle hPSC in vitro rispetto a quella presenti in vivo, nonché i diversi protocolli usati per il differenziamento delle hPSC. Infine, gli autori suggeriscono che modelli cellulari tridimensionali (per esempio gli organoidi) possano aiutare a superare queste limitazioni tecniche e discutono il potenziale delle analisi high-throughput a livello di singola cellula in questi modelli per far luce sull’origine dei placodi nell’ectoderma.

La review è pubblicata in Development.

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